Agustin e Susana nell’attuale piccola struttura con tetto in lamiera di Radio Lachiwana a Cochabamba.
Dopo le elezioni del novembre
2019 in Bolivia c’è stato un colpo di stato. Il governo autoproclamato di
transizione non ha mostrato interesse verso la società contadina, nonostante
rappresenti l’80% della popolazione, isolandola dalle città, dall’informazione
quotidiana e dalle decisioni governative. Ad ottobre 2020 il popolo boliviano è
tornato alle urne eleggendo democraticamente Luis Arce Catacora (Movimiento al
Socialismo) come nuovo presidente. Questo porterà alla Bolivia nuovamente un
periodo di cambiamento. In questo anno trascorso il lavoro
che hanno compiuto la Radio Lachiwana e KoKa TV è stato fondamentale per
permettere a una parte della popolazione di ricevere un’informazione regolare e
autentica, sia sul piano politico ed economico che stava vivendo il paese e sia
su quello sanitario per la pandemia di COVID-19. Ma è stato anche un anno
difficile per i due canali informativi, in quanto la radio ha rischiato di
essere censurata più volte dal governo golpista, come è successo a diversi
altri media locali e nazionali. Attualmente la Radio Lachiwana deve pagare
mensilmente l’affitto della struttura dove si trova, ma non sarà possibile a
lungo termine poiché richiede un investimento finanziario a fondo perso.
Inoltre, la struttura attualmente utilizzata ha uno spazio molto piccolo per
contenere il materiale necessario per il loro lavoro e una sicurezza
insufficiente per le apparecchiature radiofoniche. In caso di pioggia l’acqua
entra nei locali con il rischio di danneggiare le apparecchiature.
La
soluzione è un “anticretico”, cioè un contratto tra un prestasoldi e il suo
debitore. Chi chiede il prestito cede come garanzia un immobile. La Radio
Lachiwana rimarrà con la proprietà durante il periodo del contratto. Quando
termina il contratto il debitore restituirà il denaro richiesto e la Radio
Lachiwana restituirà nuovamente l’immobile che serviva da garanzia. Questo
permetterebbe a Radio Lachiwana di non avere spese mensili, quindi di essere
maggiormente indipendente così da poter utilizzare i fondi finanziari per altre
spese. Il prestito costa 20’000 US$.
Per non
permettere che Radio Lachiwana e Koka TV restino in gravi difficoltà
finanziarie e che abbandonino una parte delle loro attività abbiamo bisogno del
vostro aiuto per sostenere finanziariamente il progetto per un “anticretico”.
L’informazione tramite radio è molto importante nella società boliviana,
soprattutto per il settore contadino che vive nelle campagne e in un momento
difficile come questo, dovuto al COVID-19, è impossibilitato a muoversi con i
mezzi pubblici per raggiungere le città e altri mezzi di informazione. Il
vostro aiuto e la vostra solidarietà permetteranno a Radio Lachiwana e Koka TV
di andare avanti nel loro lavoro e permetteranno al settore contadino del
dipartimento di Cochabamba di restare sempre informato sulle notizie che lo
concernono. Vi ringraziamo di cuore per il vostro sostegno!
Il comitato di Chajra Runaj Masis Ticino
PS: per più informazioni scaricate l’allegato in PDF e aiutateci a diffonderlo inoltrandolo ai vostri contatti! Grazie!
Nell’indifferenza dei nostri mass media questo fine
settimana il presidente eletto della Bolivia, Luis Arce, assumerà la sua carica
nel corso di una cerimonia ufficiale a cui parteciperanno come d’abitudine
regnanti, presidenti e ministri di tanti paesi di tutto il mondo. Prima di
tutto il presidente Arce ha voluto venerdì, ossia ieri quando scrivo, andare a
Tiwanaku accompagnato dal suo vice David Choquehuanca per rendere omaggio alla
Pachamama, la madre terra, e per chiedere alle divinità di concedergli forza e
salute per poter governare con saggezza in questi cinque anni che lo attendono.
Tiwanaku è un luogo di grande importanza archeologica ma soprattutto
spirituale, culla della civiltà omonima che fu una delle più importanti nella
regione andina in epoca pre-ispanica. Personalmente trovo questo rispetto per
le tradizioni indigene unito ad una visione socialista-umanista della società
veramente affascinante oltre che efficace, visti i risultati economici ottenuti
in questi anni. Eletto trionfalmente con oltre la metà dei voti, Luis Arce
riporta alla guida del paese il partito in cui ha sempre militato, il Movimento
al Socialismo, che ha guidato il paese dal 2005 fino allo scorso anno. Questa
vittoria chiara e netta ha dovuto essere riconosciuta anche dalle opposizioni.
Questo ci lascia sperare che il periodo di incertezza iniziato con
l’allontanamento forzato del presidente Evo Morales nel novembre del 2019 volga
al termine. La Bolivia è da tempo divisa grosso modo in due metà sia dal punto
di vista geografico che da quello politico ed etnico. Da una parte c’è la
regione occidentale andina abitata soprattutto da indigeni dove si trova la
capitale La Paz. Dall’altra la zona orientale tropicale con una presenza molto
forte di persone di origine europea la cui città più grande è Santa Cruz. Le
attività di Chajra Runaj Masis si concentrano nella zona andina e
particolarmente nella zona di Cochabamba dove la maggioranza della popolazione
è indigena e il Movimento al Socialismo è molto radicato. Non per nulla lì ci
sono state le più grandi proteste lo scorso anno quando il presidente Evo
Morales è stato costretto con la forza a lasciare il paese. Proteste represse
violentemente da esercito e polizia e che sono costate la vita a decine di
persone. Le persone che collaborano con noi in Bolivia sono contente di questo
ritorno del Movimento al Socialismo. Hanno potuto toccare con mano i miglioramenti
che ci sono stati in questi ultimi anni. Nella sua ormai piuttosto lunga storia
Chajra Runaj Masis ha visto succedersi al potere molti governi. Non nascondiamo
la gioia che ci dà la certezza di sapere che questo proseguirà nel suo lavoro
di inclusione di tutti i settori della popolazione boliviana, anche quelli
dimenticati per troppo tempo. E siamo certi di potere ora di nuovo trovare
collaborazione nelle autorità per i nostri progetti.
Riponiamo molte speranze nell’iniziativa “multinazionali responsabili” in votazione il prossimo 29 novembre. Fare in maniera che le multinazionali con sede in Svizzera debbano rispettare i diritti umani e l’ambiente parrebbe in realtà una cosa ovvia. Infatti a parole tutti sono d’accordo. Tant’è vero che il Consiglio Nazionale aveva proposto un controprogetto che accoglieva alcune delle proposte dell’iniziativa ed avrebbe potuto accontentare anche i promotori della stessa. Il Consiglio degli Stati ha ritenuto eccessivo anche questo controprogetto e quindi l’alternativa all’iniziativa si limita all’obbligo per le grandi multinazionali di presentare un rapporto annuale dove dovranno essere indicate le misure adottate per evitare violazioni dei diritti umani e per salvaguardare l’ambiente. Questo senza nessuna sanzione in caso di non osservanza di questi obblighi di diligenza. Come certamente già sapete invece l’iniziativa dà facoltà alle vittime di promuovere una causa civile in Svizzera contro le multinazionali con sede nel nostro paese qualora esse non avessero fatto quanto in loro potere per evitare violazioni in questi ambiti. Sia loro direttamente che le filiali da loro dipendenti. Naturalmente come in tutte le procedure alle vittime compete l’obbligo di provare la mancata diligenza delle imprese. Inoltre, le piccole e medie imprese sono escluse dall’iniziativa a meno che non operino in settori a rischio, come quello del commercio di oro e diamanti. Direi quindi un’iniziativa certamente non rivoluzionaria ma certamente più che necessaria. Leggi di questo tipo già esistono in molti paesi vicini, nulla di sconvolgente. Come associazione che da molti anni è al fianco della popolazione boliviana nella sua lotta per una maggiore giustizia sociale certamente non abbiamo dubbi nel sostenere questa iniziativa. È molto importante che essa venga accettata!!!
Naturalmente il bel sito “iniziativa-multinazionali.ch” riporta ulteriori argomentazioni e molti esempi di situazioni che rientrano nel campo d’azione dell’iniziativa.
Chajra Runaj Masis significa “amici del contadino” in lingua quechua. La nostra associazione sostiene le contadine e i contadini del dipartimento di Cochabamba, in Bolivia. In Ticino collaboriamo con l’associazione partner in Bolivia con sede nella città di Cochabamba e nome omonimo a quella ticinese.
Viene realizzata quindi una cooperazione bilaterale. Dal 2019 siamo diventati membro della Federazione delle ONG della Svizzera italiana (FOSIT).
Ci emozioniamo veramente tanto ricordando questo importante anniversario della nostra associazione. È un’emozione forte, un’emozione doppia.
La prima emozione è quell’incredibile costanza, quell’incredibile voglia di non mollare malgrado la situazione sia difficile e le condizioni economiche pessime. Eppure, sì!
Los “compañeros” di Chajrarunaj Masis Cochabamba sono venticinque anni che portano avanti questo progetto unico, questo progetto alternativo, questo progetto che è nato da dentro l’organizzazione matrice di tutte le organizzazioni “indigenas-campesinas” del dipartimento di Cochabamba, che poi si è esteso dalle valli, alla cordigliera, fino alla regione del tropico.
La seconda emozione ce la fanno provare tutti quei soci di Chajrarunaj Masis Ticino che da 25 anni continuano ancora a sostenerci, continuano ancora ad appoggiare questo nostro pensare, questo nostro credere nelle Nazioni Originarie della Bolivia. E non sono pochi. Non erano pochi nemmeno nel 1995, quando la Bottega del Mondo di Balerna con alla testa, Bruna Bernasconi, Francesco Galli e Fabiola Lurati, rispondeva alla richiesta d’aiuto alla “Federación Sindical Unica de Trabajadores Campesinos de Cochabamba” (FSUTCC) che, come principale organizzazione contadina del dipartimento, aveva assoluto bisogno di un appoggio e di una sede per sostenere, per accompagnare le contadine e i contadini che lottavano, a quei tempi, per ottenere un documento d’identità, che lottavano ancora per avere gli stessi diritti di qualsiasi cittadino boliviano.
Purtroppo, malgrado i notevoli sforzi fatti non si riuscì ad ottenere un finanziamento sufficientemente cospicuo per soddisfare quello che era il progetto di una Chjararunaj Wasi, una casa del contadino. Comunque, questi temerari pionieri della cooperazione fecero di tutto per realizzare in parte il sogno dei dirigenti contadini. Infatti, riuscirono ad ottenere un finanziamento che permise, dal febbraio del 1995, ad un gruppo di giovani volontari dell’Assemblea dei Diritti Umani di Cochabamba, di dedicarsi a tempo pieno al sostegno delle comunità contadine e delle loro organizzazioni. Nacque così Chajrarunaj Masis come equipe d’appoggio al movimento contadino-indigeno di Cochabamba.
Erano gli anni del recupero della “Tierra y Territorio”. Qualche anno prima, nel 1992 il movimento indigeno-contadino aveva manifestato per i 500 anni di resistenza, rifiutando i festeggiamenti ufficiali del governo che volevano ricordare la conquista spagnola del Abya Yala (nome con il quale le popolazioni indigene preferiscono chiamare il continente americano). Erano gli anni in cui i governi di turno saccheggiavano la Bolivia, gli anni in cui nel palazzo di governo aveva il suo ufficio l’ambasciata americana, gli anni in cui il Fondo Monetario Internazionale (FMI) era il vero ministero dell’economia della nazione boliviana. La nazionalità quechua, l’aymara, la guaraní e le altre nazionalità presenti in Bolivia, con le proprie culture, religioni e idiomi non venivano assolutamente riconosciute. Anzi venivano disprezzate e derise, a tal punto che una grossa fetta della popolazione si vergognava di appartenere a queste culture indigene e originarie. Erano quindi tempi molto difficili per i contadini che dovevano recarsi in città per la vendita dei propri prodotti o per ottenere dei documenti validi per la proprietà dei loro terreni. Negli uffici amministrativi del governo, nelle scuole, perfino in quelle rurali, faceva da padrone la lingua spagnola. Il personale era meticcio o bianco e chi aveva caratteristiche indigene era rifiutato e ingannato continuamente.
Fu così che le organizzazioni contadine boliviane da quel 1992 si ripromisero di finire con tutto questo. Dopo 500 anni di resistenza era giunto il momento di cambiare. Era giunto il momento nel quale i veri boliviani non dovevano più essere trattati come inquilini ma come padroni della loro Terra. Anche a Cochabamba il 12 ottobre del 1992, durante una imponente manifestazione, le principali organizzazioni contadine guidate dalla “FSUTCC”, decisero di organizzarsi e lottare per ottenere pari diritti anche per le donne e per gli uomini indigeni e contadini. Giurarono di recuperare la Terra e il Territorio che gli appartenevano e che gli erano stati sottratti dai tempi della colonia.
Manuel, Miguel Angel, Agustín, Susana, Efrain e Ivano, si dedicarono così, con Chajrarunaj Masis, ad accompagnare i dirigenti delle comunità contadine in questo difficile e pericoloso progetto contadino. In questi anni lavorando, giorno dopo giorno, al fianco del movimento contadino, rispondendo alle richieste dei vari dirigenti degli “ayllus”, delle centrali e sub-centrali contadine delle differenti comunità, Chajrarunaj Masis aumentò il suo raggio di azione grazie anche all’aiuto di altre associazioni straniere; come Misereor della Germania, che permise di acquistare un veicolo, A Sud dell’Italia che cooperò per la fondazione della Radio Alter-Nativa Lachiwana, che diffonde informazioni riguardanti le popolazioni originarie, in maggioranza in lingua quechua e Lizihantus dell’Inghilterra per il canale televisivo Koka TV che viene trasmesso nei quartieri di Cochabamba nelle ore serali. Furono anni difficili, di manifestazioni, marce di protesta, viaggi fino alle comunità più remote. Sfidando le intemperie, le “impossibili” strade di montagna e non da ultimo la repressione dei governi venduti all’imperialismo nord-americano. Malgrado le autorità del dipartimento remavano contro, Chajrarunaj Masis riuscì a recuperare la sede principale delle due federazioni contadine e ad ottenere i titoli di proprietà a loro favore, dopo un lunghissimo processo giudiziario, come anche sostenne l’iter per consentire alla FSUTCC, di ottenere il riconoscimento legale. Tutte attività che venivano interrotte dagli attacchi alla nostra sede da parte di gruppi paramilitari e dall’esercito. La nostra ONG ha accompagnato e appoggiato i contadini e le contadine a congressi ed assemblee regionali e provinciali; redatto i documenti con le decisioni e risoluzioni di questi importanti eventi contadini. Abbiamo spesso percorso anche chilometri a piedi per portare materiale d’informazione e proiettori che permettevano ai dirigenti contadini, di far conoscere la realtà boliviana, di far capire alle popolazioni contadine cosa stesse succedendo nel loro proprio paese e di come venivano continuamente ingannati dai governi di turno, senza che loro potessero votare per mancanza di un documento di identità.
Ma tanto sacrificio, tanta sofferenza, tanti lutti, anche tra i dirigenti della FSUTCC, feriti, incarcerati come Miguel Angel di Chajrarunaj Masis, non furono invano. Grazie anche al nostro piccolissimo ma importantissimo e indispensabile granello di sabbia, finalmente nel 2006 il processo di cambio che era iniziato nel ‘92 prese forma e consistenza con il primo governo indigeno della storia della Bolivia che prese il potere, grazie a un massiccio voto popolare. Evo Morales Ayma, divenne così il primo presidente indigeno della storia, e il 25 gennaio del 2009 il popolo boliviano tramite referendum approvò la nuova costituzione politica dello Stato Plurinazionale della Bolivia. Senza voler peccare di superbia, come associazione Chajrarinaj Masis ci siamo detti: “missione compiuta!”
Finalmente, indigeni, contadine e contadini, recuperarono la loro dignità. Finalmente erano considerati degli esseri umani a tutti gli effetti. Finalmente avevano un documento di identità e potevano votare. Grazie a questo processo di cambio messo in atto dal nuovo governo, nel periodo dal 2006 fino al 2019, anche Chajrarunaj Masis cambiò. In questi anni i nostri partner in Bolivia ebbero la possibilità di dedicarsi a dei progetti culturali, storici e di sviluppo nelle comunità. Sempre comunque con un occhio di riguardo verso l’informazione attraverso le pubblicazioni e i media come Radio Lachiwana e KokaTv.
L’ultimo di questi progetti di sviluppo è quello che dal 2018 sosteniamo per permettere la formazione e il perfezionamento di alcune contadine e contadini nella pratica dell’apicoltura. Un progetto che ha già formato una ventina di apicoltrici e apicoltori della zona del “Valle” e del Tropico di Cochabamba, grazie appunto a un centro di produzione e formazione apistica che il governo di Evo Morales aveva costruito e messo in funzione a Samuzabety, nel Chapare. Quest’anno, grazie alla collaborazione con la FOSIT, stiamo elaborando una richiesta per ampliare e perfezionare questo progetto, dando la possibilità ad altri contadini di perfezionarsi nell’apicoltura.
Purtroppo, con il colpo di stato in novembre dell’anno scorso, ci sembra di essere tornati al 1994 con la vecchia costituzione. Ancora una volta ci troviamo a dover sostenere assieme ai nostri partner a Cochabamba, la lotta per recuperare la libertà e la pace delle nazioni originarie. Purtroppo, con questo governo golpista anche il centro apistico di Samusabety è stato chiuso e abbandonato e quindi il lavoro di formazione degli apicoltori, sarà ancora più difficile e impegnativo.
Malgrado la situazione in Bolivia sia molto grave, soprattutto per le comunità contadine, malgrado ancora una volta nella storia boliviana si voglia allontanare le nazioni originarie dal palazzo di governo per ridare posto all’ambasciata americana, al FMI e a USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo Internazionale), non ci stancheremo mai di aiutare i dirigenti contadini, non abbandoneremo mai le comunità contadine e continueremo ad appoggiare i nostri partner a Cochabamba con Chajrarunaj Masis dal Ticino.
Ringraziando ancora infinitamente chi continua a sostenerci da sempre, invitiamo tutte le persone che lo volessero fare a partire da adesso, a partire da questo importantissimo ed emozionantissimo anniversario dei 25 anni a seguirci! Grazie da parte di tutto il comitato di Chajrarunaj Masis Ticino, dai nostri partner in Bolivia e da tutti gli ayllus, da tutte le comunità contadine di Cochabamba che ancora credono e sognano in una Bolivia libera e sovrana.
Abbiamo deciso di scrivere queste righe per far conoscere la nostra forte indignazione per la mancanza di informazione che un paese dell’America Latina, come la Bolivia, ancora una volta debba subire! Dimenticata e abbandonata sia dai media come anche dalle istituzioni internazionali che dovrebbero curare i diritti internazionali delle popolazioni nel mondo e intercedere per permettere una vita degna e pacifica a qualsiasi abitante di questa terra.
Come associazione Chajrarunaj Masis, amici del condadino – Bolivia, siamo
molto preoccupati per la situazione incredibilmente pericolosa che le nazioni
indigene boliviane stanno attraversando.
Dopo aver riacquistato la dignità umana, un documento di identità che prima
non possedevano, dopo aver ottenuto buona parte dei diritti fondamentali di un
essere umano, con il governo del ex presidente Evo Morales, le popolazioni
indigene, i contadini e gli operai come anche la maggior parte degli abitanti
dei quartieri poveri, ancora una volta hanno subito violenza e massacri da
parte di un governo autoproclamatosi grazie a un colpo di Stato che purtroppo
anche associazioni d’aiuto allo sviluppo ed organismi internazionali, non hanno
mai chiaramente voluto ammettere. Noi stessi come associazione siamo sempre
stati messi a tacere e considerati di parte per il fatto che denunciavamo tutta
la violenza e le morti inflitte a chi manifestava contro questo “Golpe”!
In questi giorni, mentre i canali ufficiali dell’informazione parlano dei
successi di Elon Musk, il fondatore di Tesla, veniamo a scoprire che proprio
questo signore per impossessarsi delle immense risorse di litio esistenti in
Bolivia ha risposto a un utente di twitter che accennava agli interventi USA in
America Latina: “noi colpiamo chiunque vogliamo,… fatevene una ragione”!!
Nei giorni anteriori al colpo di Stato, in un periodo caratterizzato
da forti incendi sia nel Brasile come in Bolivia, le agenzie internazionali
dell’informazione bombardavano tutti i giorni, con notizie e immagini,
giornali, radio e televisioni dei forti incendi causati dall’incapacità e dalla
cattiva gestione territoriale paragonando Morales a Bolsonaro!
In questi giorni scopriamo che con il governo di Janine Añez, in
Bolivia, dall’inizio dell’anno ad aprile ci sono stati 3368 incendi, mentre con
quello di Morales nello stesso periodo 2761. Curiosamente questo era uno dei
motivi per far cadere il governo di Evo Morales. Purtroppo a quei tempi tutti i
difensori amici della fauna e i difensori della biodiversità, manifestavano
contro l’inefficienza del governo mentre attualmente tutti tacciono.
Pochi giorni fa la presidente del Senato Eva Copa riceve minacce da
parte del ministro di governo Arturo Murillo che tenta di intimidirla con una
chiamata telefonica nella quale la rende attenta sulle dichiarazioni degli
ultimi giorni e avvisandola di non dimenticarsi che il ministro di governo è
lui! Ma ancora una volta i mezzi di comunicazione ufficiali tacciono tutto
questo. Eva Copa è conosciuta per essere una tra i politici che attualmente
lottano democraticamente per ottenere elezioni presidenziali.
Quelle elezioni che per la terza volta consecutiva il governo attuale
rinvia con la scusa della pandemia, quando sappiamo che in varie nazioni si
sono svolte elezioni presidenziali rispettando tutte le norme di sicurezza per
evitare i contagi da covid-19.
Inoltre, in questo periodo, il governo che doveva essere solo di
transizione ha agito contro e non a favore della popolazione. Ha per esempio
acquistato respiratori a prezzi esorbitanti con guadagni illeciti nelle
commissioni e inoltre non utilizzabili per la pandemia. Ha chiuso il ministero
della cultura e dello sport con il pretesto di mancanza di fondi a causa della
pandemia. Lunedì 3 agosto ha annullato l’anno scolastico per le scuole dell’obbligo.
Ha dichiarato, con l’intenzione di intimidire le organizzazioni sociali, di
aver acquistato una scorta di gas lacrimogeni per 6 mesi di manifestazioni.
Con tutto questo a cominciare dal 3 agosto, la gran parte delle
organizzazioni, indigene, contadine ed operaie hanno iniziato nuovamente delle
manifestazioni di protesta contro l’abuso di potere di questo governo
transitorio autoproclamato senza elezioni. Questo governo che doveva
organizzare le elezioni in un massimo di tre mesi e che purtroppo dopo aver
massacrato in pochi giorni più di trenta persone sparando dagli elicotteri
militari insiste per mantenersi al potere svendendo le risorse naturali dei
boliviani, consegnandole alle multinazionali straniere come quella del signor
Musk!
Proprio per questo vi scriviamo, con la forte preoccupazione che anche
queste legittime manifestazioni vadano a finire nuovamente in ulteriori
massacri per il popolo boliviano. Vi scriviamo fiduciosi e coscienti che questa
volta possiate diffondere e far conoscere grazie ai vostri contatti, grazie al
vostro lavoro, grazie al vostro potere ciò che accade in Bolivia e vigilare su
ciò che sta accadendo in modo che questa volta si rispetti la vita delle donne
e degli uomini boliviani e che al più presto vengano svolte le elezioni nazionali
controllate da organizzazioni internazionali corrette e imparziali.
Ringraziando per l’attenzione salutiamo a tutte e a tutti cordialmente
Ivano Lurati
Presidente associazione Chajrarunaj Masis , amici del contadino -Bolivia (membro FOSIT)
Come associazione
“Chajrarunaj Masis amici del contadino – Bolivia”, membri della Federazione
delle ONG della Svizzera Italiana (FOSIT) e impegnati in Bolivia nel sostenere
le comunità contadine delle valli, della cordigliera e del tropico di
Cochabamba, in questo periodo siamo estremamente preoccupati per quello che sta
succedendo nel paese latino-americano.
La Bolivia, già
provata come tutto il resto del mondo per il coronavirus, attualmente deve
confrontarsi con un governo illegittimo che con un colpo di stato si è messo al
potere autoproclamandosi come supposto governo di transizione e che attualmente
approfittando della pandemia, reprime con violenza qualsiasi manifestazione di
reclamo o di disapprovazione per le misure adottate. La popolazione indigena
contadina e delle periferie urbane è ormai agli estremi della sopportazione. È
duramente provata a causa di questi mesi di inattività, durante i quali non ha
ricevuto nessun aiuto. Considerando che la maggior parte di questa popolazione
vive alla giornata, si è arrivati dopo questi 50 giorni di una “specie di
coprifuoco” a non avere nemmeno un soldo in tasca per sfamare i propri
famigliari. In Bolivia la situazione è molto diversa da quella svizzera, non si
può pretendere che la popolazione resti chiusa in casa morendo di fame o per
mancanza d’acqua che non arriva a causa delle cisterne bloccate e i militari in
strada che controllano qualsiasi movimento.
Denunciamo quindi
come associazione questa situazione, questo abuso da parte del governo che
approfitta di un’emergenza sanitaria per continuare nell’affermare il proprio
potere e rifiutandosi di chiamare alle elezioni malgrado parlamento e senato lo
stiano chiedendo da giorni.
Siamo preoccupati
soprattutto per la violenza che potrà scatenarsi se il governo dovesse
continuare con questa sua posizione militarista e dittatoriale, fregandosene di
quanto viene deciso in senato e palamento e soprattutto di quanto il popolo sta
chiedendo a gran voce per allentare le misure restrittive drastiche.
La situazione
attuale ha tutte le credenziali per sfociare in quello che è successo nel mese
di novembre scorso quando Jeanine Añez si è autoproclamata presidente della
nazione. Le popolazioni indigene contadine e dei “barrios” popolari potrebbero
esplodere in massicce manifestazioni di disapprovazione che immediatamente
verranno represse con le armi di militari e polizia.
Per questo
denunciamo e chiediamo alle istituzioni internazionali per i diritti umani, ai
politici affidabili, ai giornalisti e ai mezzi di comunicazione trasparenti di
unirsi alla nostra preoccupazione; vigilando, informando e denunciando le
atrocità del governo transitorio.
Non da ultimo, vi
rendiamo noto che in questi giorni, in Bolivia è stato imposto il decreto 4231
che stronca la libera espressione, la democrazia e la legge sulla libertà di
stampa.
Grazie per
ascoltarci e per il vostro sicuro appoggio alle popolazioni indigene dello
Stato Plurinazionale della Bolivia.
Ivano Lurati, Presidente Associazione Chajrarunaj Masis
con il sostegno della rete di solidarietà Ticino-Latinoamerica
Il CONAMAQ (Consiglio Nazionale di Ayllus e Markas del Qullasuyu) convoca tutti i popoli indigeni e la cittadinanza dell’altopiano e valli della Bolivia ad organizzare una giornata nazionale di protesta contro il governo ad interim il 24 maggio 2020, giornata nazionale contro il razzismo in Bolivia.
Bolivians will hold a new election in May — without ousted president Evo Morales
From The Washington Post, 27.02.2020, by John Curiel and Jack R. Williams
As Bolivia gears up for a do-over election on May 3, the country remains in unrest following the Nov. 10 military-backed coup against incumbent President Evo Morales.
A quick recap: Morales claimed victory in October’s election, but the opposition protested about what it called electoral fraud. A Nov. 10 report from the Organization of American States (OAS) noted election irregularities, which “leads the technical audit team to question the integrity of the results of the election on October 20.” Police then joined the protests and Morales sought asylum in Mexico.
The military-installed government charged Morales with sedition and terrorism. A European Union monitoring report noted that some 40 former electoral officials have been arrested and face criminal charges of sedition and subversion, and 35 people have died in the post-electoral conflict. The highest-polling presidential candidate, a member of Morales’s Movimiento al Socialismo (MAS-IPSP) party, has received a summons from prosecutors for undisclosed crimes, a move some analysts suspect was aimed to keep him off the ballot.
The media has largely reported the allegations of fraud as fact. And many commentators have justified the coup as a response to electoral fraud by MAS-IPSP. However, as specialists in election integrity, we find that the statistical evidence does not support the claim of fraud in Bolivia’s October election.
The OAS claimed that election fraud had happened
The primary support for claims of fraud was the OAS report. The organization’s auditors claimed to have found evidence of fraud following a halt in the preliminary count — the nonbinding election-night results meant to track progress before the official count.
The Bolivian constitution requires that a candidate either earn an outright electoral majority or 40 percent of the votes, with at least a 10-percentage-point lead. Otherwise, a runoff election will take place. The preliminary count halted with 84 percent of the vote counted, when Morales had a 7.87 percentage-point lead. Though the halt was consistent with election officials’ earlier promise to count at least 80 percent of the preliminary vote on election night and continue through the official count, the OAS quickly expressed concern over the stop. When the preliminary count resumed, Morales’s margin was above the 10-percentage-point threshold.
The OAS claimed that halting the preliminary count resulted in a “highly unlikely” trend in the margin in favor of MAS-IPSP when the count resumed. The OAS reported “deep concern and surprise at the drastic and hard-to-explain change in the trend of the preliminary results.” Adopting a novel approach to fraud analysis, the OAS claimed that high deviations in data reported before and after the cutoff would indicate potential evidence of fraud.
But the statistical analysis behind this claim is problematic
The OAS report is in part based on forensic evidence that OAS analysts say points to irregularities, which includes allegations of forged signatures and alteration of tally sheets, a deficient chain of custody, and a halt in the preliminary vote count. Crucially, the OAS claimed in reference to the halt in the preliminary vote count that “an irregularity on that scale is a determining factor in the outcome” in favor of Morales, which acted as the primary quantitative evidence to their allegations of “clear manipulation of the TREP system … which affected the results of both that system and the final count.”
We do not evaluate whether these irregularities point to deliberate interference — or reflect the problems of an underfunded system with poorly trained election officials. Instead, we comment on the statistical evidence.
Since Morales had surpassed the 40-percent threshold, the key question was whether his vote tally was 10 percentage points higher than that of his closest competitor. If not, then Morales would be forced into a runoff election against his closest competitor — former president Carlos Mesa.
Our results were straightforward. There does not seem to be a statistically significant difference in the margin before and after the halt of the preliminary vote. Instead, it is highly likely that Morales surpassed the 10-percentage-point margin in the first round.
How did we get there? The OAS approach relies on dual assumptions: that the unofficial count accurately reflects the vote continuously measured, and that reported voter preferences do not vary by the time of day. If these assumptions are true, then a change in the trend to favor one party over time could potentially indicate fraud had occurred.
The OAS cites no previous research demonstrating that these assumptions hold. There are reasons to believe that voter preferences and reporting can vary over time: with people who work voting later in the day, for instance. Areas where impoverished voters are clustered may have longer lines and less ability to count and report vote totals quickly. These factors may well apply in Bolivia, where there are severe gaps in infrastructure and income between urban and rural areas.
Was there a discontinuity between the votes counted before and after the unofficial count? For sure, discontinuities might be evidence of tampering. In Russia, for instance, one allegation is that local election officials stuff ballot boxes to meet preset targets.
If the OAS finding was correct, we would expect to see Morales’s vote margin spike shortly after the preliminary vote count halted — and the resulting election margin over his closest competitor would be too large to be explained by his performance before preliminary count stopped. We might expect to see other anomalies, such as sudden shifts in votes for Morales from precincts that were previously less inclined to vote for him.
The x-axis shows the margin for Morales before the cutoff within the preliminary count of 1,477 precincts that reported data before and after the cutoff, and the y-axis is their final margin, as reported within the official count. The high correlation between preliminary count and final vote results suggests no significant irregularities in the election count, or Morales’s final vote margin. (Jack Williams. Data from Tribunal Supremo Electoral, 2019.)
We didn’t find any evidence of any of these
anomalies, as this figure shows. We find a 0.946 correlation between Morales’s
margin between results before and after the cutoff in precincts counted before
and after the cutoff. There is little observable difference between precincts
in the results before and after the count halt, suggesting that there weren’t
any significant irregularities. We and other scholars within the field reached
out to the OAS for comment; the OAS did not respond.
We
also ran 1,000 simulations to see if the difference between Morales’s vote and
the tally for the second-place candidate could be predicted, using only the
votes verified before the preliminary count halted. In our simulations, we
found that Morales could expect at least a 10.49 point lead over his closest
competitor, above the necessary 10-percentage-point threshold necessary to win
outright. Again, this suggests that any increase in Morales’s margin after the
stop can be explained entirely by the votes already counted.
There
isn’t statistical support for the claims of vote fraud
There
is not any statistical evidence of fraud that we can find — the trends in the
preliminary count, the lack of any big jump in support for Morales after the
halt, and the size of Morales’s margin all appear legitimate. All in all, the
OAS’s statistical analysis and conclusions would appear deeply flawed.
Previous
research published here in the Monkey Cage finds that economic and racial
differences make it difficult to verify voter registration in the United
States, resulting in higher use of provisional ballots among Democrats — and greater
support for Democratic candidates among votes counted after Election Day. Under
the OAS criteria for fraud, it’s possible that U.S. elections in which votes
that are counted later tend to lean Democratic might also be classified as
fraudulent. Of course, electoral fraud is a serious problem, but relying on
unverified tests as proof of fraud is a serious threat to any democracy.
John
Curiel is a research scientist with MIT’s Election Data and Science Lab. He
earned his PhD in political science from the University of North Carolina at Chapel
Hill.
Jack
R. Williams is a researcher with MIT’s Election Data and Science Lab.