CONFLITTO ALL’OMBRA DELLA FAME
Di Joaquin Rivery, giornalista del quotidiano boliviano El Diario
(traduzione a cura di Chajra Runaj Masis)
Forse un’ombra trascina il lutto di una donna contadina per le strade di La Paz, Cochabamba o Santa Cruz, disperata perché‚ suo marito‚ è stato assassinato nel Chapare o in un’altra regione della Bolivia senza che si conoscano i colpevoli della sua morte.
Adesso, forse senza lavoro, dovrà educare e crescere lei sola i suoi figli o abbandonarli sulla strada sperando che riescano a sopravvivere soli in mezzo alla miseria.
O forse potrà dedicarsi a curare lei stessa la parcella di foglie di coca, proibita dal governo e dall’ambasciata degli Stati Uniti ma unico sostegno possibile per la famiglia, anche se questo la obbligherà a gettarsi nella lotta generale contadina, come fece suo marito, contro le pallottole dei soldati.
Questa può essere una cartolina della Bolivia attuale, principalmente nel Chapare, la regione centrale della nazione, dove i disordini sono molto frequenti e tragici in questi ultimi anni per i continui scontri tra un sistema impegnato nello sradicamento forzato delle coltivazioni delle foglie di coca e i contadini, dipendenti da questi raccolti per poter sopravvivere, impegnati a mantenerle.
In Bolivia si susseguono continuamente conflitti di grande importanza: scioperi dei maestri, del settore ospedaliero, degli universitari, blocchi di strade da parte dei contadini dell’altipiano, della regione delle valli e dei coltivatori delle foglie di coca.
Quasi mezzo secolo dopo la Riforma Agraria promossa dalla Rivoluzione del 1953, gli originari boliviani permangono in una situazione di estrema povertà e marginalità politica e sociale. Un dato da ricordare è che quasi la metà della popolazione abita nella regione rurale.
Molte comunità e famiglie non possiedono terre, la loro battaglia è soprattutto per questo, e per ottenere crediti, facilitazioni, riconoscimento. Non basta che una lingua originaria come il quechua o l’aymara sia riconosciuta come lingua ufficiale del paese per far sì che la fame, la mortalità infantile, l’analfabetismo, spariscano.
Durante l’assedio contadino alla città di La Paz, lo stesso sindaco della capitale boliviana, Juan Del Granado, dichiarava che la durezza dei “ribelli” rispecchiava la discriminazione e l’insoddisfazione delle loro richieste vitali, e il Centro di Studi Lavorativi affermava che la serie di proteste che travolge la nazione è la conseguenza fallimento del modello economico di mercato e del suo elevato costo sociale.
La Confederazione indigena dell’est boliviano argomentava alcune settimane fa le proprie lotte informando che, a Santa Cruz, il più grande dipartimento del territorio nazionale, il 90% delle terre produttive è nelle mani degli impresari che rappresentano il 5% degli abitanti di Santa Cruz, mentre il restante 10% deve essere suddiviso fra il 95% della popolazione rurale.
Per i cocaleros, i coltivatori delle foglie di coca, la situazione è la stessa, o peggiore, in quanto il governo su pressione della politica antidroga degli Stati Uniti, tenta di eliminare con la violenza le aree seminate con il famoso arbusto e per resistere a questa imposizione, i contadini del Chapare perdono la vita.
Non si può affermare in nessun caso che i piani di coltivazioni alternative abbiano dato risultati positivi e neppure che i contadini non vogliano sostituire le foglie di coca. Semplicemente i mercati nazionali e internazionali per quanto riguarda altri prodotti non esistono. E non si mangia se non si vende.
Dopo un accordo con i dirigenti della Confederazione contadina boliviana, il governo firmò un convegno con i cocaleros che accettarono di trattare spinti dall’ultimatum del governo stesso e cioè: accettare le condizioni del governo o subire l’intervento dell’esercito.
Gli Stati Uniti cercano di risolvere il loro grande problema del mercato delle droghe mediante azioni all’estero, in luoghi come la Bolivia e mai nel proprio territorio, motore del narcotraffico a causa dell’enorme consumo. Forse sono talmente numerosi i dipendenti dalla droga che Washington teme uno scontro violento all’interno delle sue frontiere con narcotrafficanti ben armati, capaci di tutto, presenti fino nelle alte sfere politiche.
Per loro è più facile spostare il problema in America Latina attraverso la repressione, come stanno facendo tramite un “Piano Colombia” il cui immenso aiuto (1300 milioni di dollari)‚ è completamente militare ed ha esclusivamente fini violenti. L’uscita dalle difficoltà sociali (la causa più reale e profonda del problema delle coltivazioni delle foglie di coca) che la risolvano gli altri!
Nel Chapare boliviano si applica la stessa logica. La distruzione delle coltivazioni delle foglie di coca si realizza attraverso il cammino forzato. I cocaleros resistono perché‚ le foglie di coca sono la loro sopravvivenza. Le promesse di progetti alternativi non hanno dato risultati. Non è sufficiente seminare altri prodotti, bisogna poi seguire la crescita degli stessi, cercare mezzi di trasporto rapidi e garantire la vendita. I cocaleros non credono in questo per ragioni di inefficienza storica.
Quando la coca garantiva alla Bolivia un’entrata di 600 milioni di dollari all’anno, i piani di conversione non superavano i 18 milioni e, a detta dell’esperto boliviano Gregorio Lanza, l’impatto economico è stato nullo, i contadini praticamente non hanno potuto partecipare e si sono commessi errori tecnici enormi relativi alle specie da coltivare e all’amministrazione dei progetti.
Nell’ultimo conflitto i contadini in generale hanno ottenuto dal governo la promessa di soddisfare le domande ancestrali. Considerandosi soddisfatti hanno sospeso i blocchi delle strade principali che consentivano l’assedio di La Paz, dove non arrivava nessun prodotto agricolo.
Però, i cocaleros del Chapare non sono riusciti a concretizzare la loro grande speranza di poter mantenere una piccola produzione famigliare di foglie di coca (gli originari boliviani consumano da quando esistono le foglie di coca per fini religiosi, rituali e medicinali), anche se sono riusciti ad ottenere di partecipare alla amministrazione di un fondo di 80 milioni di dollari per lo sviluppo della regione e sono riusciti ad annullare la costruzione di tre nuove basi militari nella zona finanziate dagli Stati Uniti.
Le trattative sono firmate. E’ difficile che le forze contadine si dissolvano totalmente dopo queste promesse, e se le soluzioni definite nei documenti non verranno applicate (è già successo più di una volta) ritorneremo ad essere testimoni di altri violenti e tragici conflitti.