Lettera aperta

24.12.2007

Lettera aperta di Danielle Mitterrand ai governanti europei: la democrazia boliviana corre un pericolo mortale.
Danielle Mitterrand; moglie dell’ex presidente francese François Mitterrand.
(Traduzione di Chajra Runaj Masis)


Come l’Europa ha imparato e crudelmente pagato, la democrazia ha bisogno di essere vissuta ininterrottamente, reinventata, difesa all’interno dei nostri paesi democratici così come nel resto del mondo. Nessuna democrazia è un’isola. Le democrazie devono aiutarsi reciprocamente. Perciò oggi faccio un appello ai nostri governanti e ai nostri grandi organi di stampa: sì, lo affermo, la giovane democrazia boliviana corre un pericolo mortale.

Nel 2005, un presidente e il suo governo sono stati chiaramente eletti da più del 60 per cento degli elettori malgrado che una gran parte dei suoi potenziali elettori, gli indigeni, non siano iscritti nelle liste elettorali poiché nemmeno possiedono uno stato civile. I grandi orientamenti politici di questo governo furono approvati massicciamente tramite un referendum anche prima di questa elezione, e, in particolare, la nazionalizzazione delle ricchezze naturali in previsione di una migliore ridistribuzione, così come la convocazione di un’Assemblea costituente.

Perché è indispensabile una nuova Costituzione? Per la ragione molto semplice che dal lontano 1967 in America Latina, le popolazioni indigene, che rappresentavano in Bolivia il 75 per cento della popolazione, si trovavano totalmente escluse da qualsiasi cittadinanza.

I lavori dell’Assemblea Costituente boliviana sono stati, dalle sue origini, costantemente ostacolati dalle manovre e dal boicottaggio delle antiche oligarchie, le quali non sopportano di perdere i loro privilegi economici e politici. L’opposizione minoritaria spinge agli estremi il cinismo fino a nascondere il suo rifiuto al responso delle urne dietro la maschera della difesa della democrazia. Reagisce con il boicottaggio, le aggressioni nelle strade, l’intimidazione dei responsabili eletti, nella rigida continuità delle mattanze perpetrate contro i civili disarmati dall’ex presidente Sanchéz de Losada nel 2003, che, comunque, continua a essere perseguito per i suoi crimini e rifugiato negli Stati Uniti.

In favore di un caos attentamente strumentalizzato, rinascono le minacce separatiste delle regioni più ricche del paese che rifiutano il gioco democratico e non vogliono “pagare per le regioni più povere”.

Gruppi di attivisti neofascisti e bande paramilitari, sovvenzionate dall’alta borghesia boliviana e da certi interessi stranieri, creano un clima di paura tra le comunità indigene. Ricordiamoci di come andò a finire in Colombia e in Guatemala, ricordiamo soprattutto la democrazia cilena, assassinata l’11 settembre 1973 dopo un processo identico di destabilizzazione.

Si può uccidere una democrazia anche per mezzo della disinformazione.
No, Evo Morales non è un dittatore. No, non è il capo di un cartello di trafficanti di cocaina.
Queste immagini caricaturali sono fatte circolare nei nostri paesi senza la minima obiettività, come se l’ingresso di un presidente indigeno e la potenza crescente dei cittadini elettori indigeni fossero insopportabili non solo per le oligarchie latinoamericane ma anche per la stampa benpensante occidentale. Per smentire ancora una volta la menzogna organizzata, Evo Morales fa un appello al dialogo, rifiuta di far uso dell’esercito e mette perfino in discussione il suo mandato. Solennemente mi appello ai difensori della democrazia, ai nostri governanti, ai nostri intellettuali, ai nostri mezzi di comunicazione.

Vogliamo che Evo Morales conosca la sorte toccata a Salvador Allende per piangere sul destino della democrazia boliviana?

La democrazia ha valore per tutti o per nessuno. Se la amiamo nella nostra patria, dobbiamo difenderla in tutti i luoghi dove è minacciata.
Non tocca a noi, come qualcuno pretende con arroganza, andare ad insediarla in altre nazioni mediante la forza delle armi; in cambio a noi tocca proteggerla nel nostro paese con tutta la forza della nostra convinzione e stare al fianco di quelli che la hanno introdotta nelle proprie nazioni.

Danielle Mitterrand

 

http://polysocial.blogspot.com/2007/12/carta-abierta-de-danielle-mitterrand.html (2007-12-25)