Una piccola foglia verde

Da Le monde Diplomatique – Il Manifesto – Maggio 2008

Pianta benefica o pericoloso stupefacente?
Una piccola foglia verde chiamata coca

La Bolivia e il Perù hanno vigorosamente respinto l’ultimo rapporto dell’Organismo internazionale di controllo degli stupefacenti (Oics) che, il 5 marzo, ha intimato loro di vietare la produzione e il consumo della foglia di coca. Dal 1961, la «comunità internazionale» si accanisce contro questa pianta. Certo, è la materia prima per la lavorazione della cocaina e alimenta il narcotraffico. Ma possiede anche delle virtù nutritive e farmaceutiche riconosciute.

di Johanna Levy *

«Conoscete molte piante, che forniscono più calcio del latte, più ferro degli spinaci e tanto fosforo quanto il pesce?». Nieves Mamani è membro di una delle sei federazioni sindacali del Tropico di Cochabamba, nel Chapare boliviano. La disoccupazione e la mancanza di competitività di altri prodotti agricoli l’hanno costretta, come centinaia di migliaia di contadini andini, a fare della produzione di coca la sua principale fonte di sussistenza. Precisa Mamani: «Tutte le nostre speranze si fondano sulla possibilità di commercializzarla ovunque nel mondo.
Questo ci assicurerebbe non solo una sicurezza economica, ma anche la garanzia di non essere più alla mercé dei narcotrafficanti». Sì, ma…
Ancora una volta, l’Organo internazionale di controllo degli stupefacenti (Oics) (1) ritiene la coca «illecita» nel suo rapporto del 5 marzo scorso. L’Oics chiama di nuovo « la Bolivia e il Perù a prendere in considerazione la modifica della loro legislazione nazionale per sopprimere o vietare le attività contrarie alla convenzione del 1961 [v. la cronologia a pagina 21], come la masticazione della foglia di coca e la produzione del mate di coca e di altri prodotti contenenti alcaloidi per il consumo interno o per l’esportazione (2)».
Per il governo di Evo Morales si tratta di una sconfitta: dalla sua elezione nel dicembre 2005, il presidente boliviano è effettivamente determinato a convincere la «comunità internazionale» che la foglia di coca non è uno stupefacente.
Coltivatore di coca nelle Yungas, altra grande regione produttrice, Emilio Caero sottolinea che la coca non sarebbe mai stata stigmatizzata se i paesi del Nord non la consumassero sotto forma di cloridrato di cocaina: «Senza gli Stati uniti, la coca non sarebbe stata assimilata ad una droga. Paghiamo il prezzo di una pratica totalmente estranea alla nostra cultura».
Pianta sacra delle Ande (3), la «mama coca» nel XX secolo ha subìto, in effetti, i contraccolpi del successo delle sue numerose virtù.
Utilizzata a fini religiosi e terapeutici per millenni dalle civiltà inca e preinca, e dopo secoli, dalle culture amazzonica e guaranì, la piccola foglia verde (Erythroxylon coca) è apprezzata per i suoi effetti energetici. Certo, gli evangelizzatori la consideravano un prodotto demoniaco, motivo di parecchi concilii tenuti a Lima (1551-1772).
Tuttavia, una volta masticata – decuplicando il rendimento della mano d’opera indiana sottomessa al lavoro forzato nelle miniere – , o consumata sotto forma d’infusione o di mate, la coca farà la fortuna dei conquistatori spagnoli … prima di assicurare quella della più famosa bibita del mondo, la Coca Cola (4)! Sono soprattutto le sue proprietà anestetiche e analgesiche che la porteranno in auge nella scienza medica, con la scoperta di Albert Niemann dell’alcaloide cocaina nel 1858. Questo rappresenta meno dell’1% dei quattordici alcaloidi che possono essere estratti dalla foglia di coca. Costituirà la principale medicina della farmacologia moderna – utilizzata come anestetico locale in chirurgia oftalmologica, ma anche per il trattamento di malattie respiratorie come la tubercolosi o l’asma (5) – fino a quando nel 1923 non verrà sostituita dalla molecola sintetica creata dal biochimico tedesco Richard Willstätter.
La foglia di coca perde, quindi, il favore del mondo occidentale.
Peggio ancora: ovunque nel mondo sarà ritenuta responsabile dell’aumento di milioni di consumatori di cloridrato di cocaina – la cocaina.
Un’accusa che ne rende illegale secondo le Nazioni unite la commercializzazione oltre le frontiere dei paesi produttori.
Per i ricercatori della rete Transnational Institute, specializzati nell’analisi delle politiche globali fatte contro le droghe, la foglia di coca è stata vittima di un doppio errore: la confusione fra i suoi effetti e quelli della cocaina; la sua assimilazione, con la cocaina, al modello di dipendenza fisica di oppiacei (6). «Si potrebbe argomentare che si penalizza la coca perchè è la materia prima della cocaina. Ma che dire allora delle diverse specie di efedra, di cui nessuna appare nelle convenzioni internazionali, malgrado il fatto che l’efedrina è la materia prima di un immenso mercato di anfetamine; o ancora della corteccia di sassofrasso, a partire dalla quale è estratto il safrolo, materia prima dell’ecstasy (7)?».
«È vero che la cocaina può essere estratta dalla foglia di coca – ammette Caero. Ma per riuscirci servono altri quarantuno prodotti chimici i cui brevetti appartengono alle imprese del Nord!». Per gli esperti del Transnational Institute, il divieto internazionale che pesa sul commercio della foglia di coca è «il frutto di una politica ingiusta, fondata su dati scientifici erronei che non esprimono che dei pregiudizi culturali. Essa traduce un dogmatismo istituzionale».
L’abitudine controversa di masticare la coca Da metà degli anni ’70, degli studi hanno stabilito che la foglia di coca non poteva in alcun caso danneggiare il sistema nervoso (8).
Liberata nel momento della masticazione, la piccola quantità di cocaina contenuta nella foglia sarebbe interamente idrolizzata dal sistema digestivo. Anzi, i benefici della pianta sono stati confermati a più riprese dalle analisi scientifiche. Ricercatori dell’università di Harvard hanno anche messo in evidenza, nel 1975, che il valore nutrizionale della foglia di coca è paragonabile a quello di alimenti come la quinoa, l’arachide, il grano o il mais. «In termini di nutrizione, non ci sono differenze tra l’utilizzo della coca e il consumo diretto di alimenti», affermano gli autori del rapporto (9).
Ricca di sali minerali, fibre e vitamine e povera di calorie, secondo loro la foglia potrebbe figurare tra i migliori alimenti del mondo.
Il dott. Ciro Hurtado Fuentes, direttore dell’Istituto di cultura alimentare andino del Perù (10) raccomanda dunque il suo utilizzo sotto forma di farina, a suo avviso proprio per risolvere il problema della fame che affligge ancora 52,4 milioni di persone nel sub-continente americano. Oltre alle sue proprietà alimentari, sono dimostrate anche le sue virtù terapeutiche e farmaceutiche. Un’analisi di tre dei suoi alcaloidi (cocaina, cis-cinnamoylcocaina e translinalmilcocaina) fatta da un organismo francese, l’Ufficio della ricerca scientifica e tecnica d’oltremare (Orstom) (11), e da laboratori boliviani, ha in effetti provato che la coca permette non solo di «adattarsi alla vita in altitudine» – , ma anche di regolare il metabolismo del glucosio (12).
Queste caratteristiche lasciano presagire tutta una serie di benefici, dal trattamento del diabete fino alla prevenzione della malattia di Parkinson, passando dal suo utilizzo come sostituto alla cocaina e al crack. Uno studio approfondito dei quattordici alcaloidi della foglia di coca potrebbe dunque rivelarsi un forte strumento per la scienza medica. Tuttavia, il campo di ricerca rimane chiuso dalla condanna internazionale contro la pianta. Identificata allo stato naturale come una pianta psicoattiva, la foglia di coca è sempre vittima della prima confusione con «la bianca».
Piccolo passo indietro. Nel 1949, su richiesta del rappresentante del Perù presso le Nazioni unite, una commissione effettua una visita lampo nel paese e in Bolivia per «realizzare un’inchiesta sugli effetti della masticazione della foglia di coca e sulle possibilità di limitare la sua produzione e controllare la sua distribuzione». Con questo compito, gli autori insisteranno effettivamente sugli effetti dannosi della foglia, tanto per il consumatore individuale che per la nazione produttrice. Nelle affrettate conclusioni, la commissione accusa la masticazione della coca di provocare malnutrizione ed «effetti indesiderati di carattere intellettuale e mentale (13)» alle popolazioni delle regioni andine.
Resa ugualmente responsabile della povertà del sub-continente col motivo che diminuirebbe la capacità di lavoro di queste popolazioni, l’acculico (masticazione della coca) rimane tuttavia considerata un’«abitudine». Ma, nel 1952, il comitato di esperti in farmacodipendenza dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) corregge il tiro.
Conclude che l’acculico «ha tutte le caratteristiche di una dipendenza (14)», dipendenza definita in seguito come «forma di cocainomania (15)».
Agli occhi della «comunità internazionale», gli effetti della foglia di coca vengono assimilati a quelli del cloridrato di cocaina. Non sarà necessario molto di più perchè diventi un bersaglio scelto.
Nel 1961 è cosa fatta: sotto la pressione degli Stati uniti, il più grande paese consumatore di cocaina del mondo (16), la foglia di coca è classificata dalla convenzione unica sugli stupefacenti tra le «piante psicotrope» della tabella n° 1, cioé quelle capaci di produrre una droga allo stato vegetale. È sottomessa a un regime di controllo che, secondo i ricercatori del Transnational Institute, «supera di molto quello che si applica a numerose piante psicoattive, molte delle quali sono più suscettibili di alterare la coscienza, come il kava-kava (Piper methysticum), il kratom (Mitragyna speciosa) e diversi allucinogeni (17)».
Proscritta da tutte le istanze internazionali, della foglia di coca viene quindi vietata la produzione, l’industrializzazione e la commercializzazione.
Solo il suo uso tradizionale è permesso all’interno delle frontiere dei paesi in cui esistono prove del suo consumo ancestrale – la Bolivia e il Perù. Tuttavia, due attori di rilievo sfuggono alla regola comune e si vedono curiosamente protetti: l’industria farmaceutica americana – per produrre la cocaina per uso medico – e la celebre società Coca Cola.
Mentre la pianta andina è associata alla cocaina, i suoi consumatori a tossicomani, e i suoi produttori, ben presto, a narcoterroristi, la «comunità internazionale» le dichiara guerra. Ovunque, i paesi produttori attuano politiche di estirpazione forzata. Mentre il mercato multimiliardario della cocaina, come prima quello degli anestetici o ancora delle bibite a base di coca, continua a fare la fortuna all’estero, le principali vittime di questa politica sono i piccoli produttori andini.
I risultati di ricerche fatte da laboratori indipendenti sono ignorate.
Le domande di revisione dello statuto della foglia di coca depositate dai governi boliviano e peruviano si arenano. Unica valutazione realizzata fino ad oggi, il rapporto del 1950 resta il criterio di riferimento delle Nazioni unite! Una speranza nasce tuttavia negli anni ’90 dall’Oms con il lancio di un programma ambizioso, in partenariato con l’Istituto interregionale di ricerca delle Nazioni unite sulla criminalità e la giustizia (in inglese United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute, Unicri): il progetto «Cocaina Oms-Unicri». Con quattro anni d’inchiesta, quarantacinque ricercatori internazionali associati, diciannove paesi studiati sui cinque continenti, si tratta del più grande studio mai realizzato sul soggetto.
Sottolineando i benefici per la salute umana dell’uso tradizionale della foglia di coca e consigliando la realizzazione di nuove ricerche sulle sue proprietà terapeutiche, il rapporto provoca lo scandalo alla 48esima Assemblea mondiale della sanità riunita a Ginevra nel 1995. Neil A. Boyer, rappresentante degli Stati uniti presso l’Oms, minaccia di sospendere il sostegno finanziario del suo governo se le conclusioni del rapporto, accusato di «difendere la cocaina argomentando che l’uso della foglia di coca non produceva danni percettibili sulla salute fisica o mentale (18) », fossero ufficialmente adottate. Il rapporto viene immediatamente sepolto.
Hugo Banzer e il piano Dignità Per i paesi andini, questo argomento avrà conseguenze funeste. Gli anni ’90 sono in effetti segnati dall’attuazione di politiche di sradicamento sempre più repressive. Nel 1998, l’Assemblea generale delle Nazioni unite si riunisce con l’obiettivo di inasprire la «guerra contro le droghe». Sotto la pressione di Washington, convalida il piano Dignità destinato alla Bolivia. Con lo slogan «Coca zero», difeso dal generale Hugo Banzer, questo piano si tradurrà nello sradicamento forzato e senza compensazione delle colture di coca. Lo stesso anno, il Congresso degli Stati uniti approva il «progetto d’eliminazione della droga nell’emisfero occidentale» che include – oltre a elicotteri e ai vari programmi di addestramento militare del piano Colombia – un bilancio di 23 milioni di dollari per migliorare l’efficacia degli erbicidi utilizzati in questo paese allo scopo di sradicare la coca. Vengono sperimentati nuovi microerbicidi, malgrado i rischi di danneggiare l’ambiente e la salute umana.
Non va dimenticato che in Bolivia e in Perù, come più tardi in Colombia, la coltivazione illegale destinata al narcotraffico è divenuta una strategia di sopravvivenza in una fase di aggiustamenti strutturali.
In Perù, lo sradicamento forzato ha esacerbato i conflitti sociali, alimentato la violenza sovversiva (in particolare quella di Sentiero luminoso), compromesso le economie locali e distrutto le foreste provocando una dispersione delle colture.
In Bolivia, durante questo periodo, gli scontri sono divenuti quotidiani.
Nel Chapare, non viene fatta alcuna distinzione tra il trafficante di cocaina e il contadino. Tra il 1998 e 2002, si conteranno trentatre morti, cinquecentosessantasette feriti, seicentonovantatre detenuti fra i cocaleros, ventisette morti e centotrentacinque feriti nei ranghi delle forze armate (19). «Kawsachun coca, wanuchun yanquis!», diventa il grido di guerra dei piccoli produttori: «Viva la coca, fuori gli Yankees!».
«La democrazia per noi non aveva nulla di una democrazia, non era che un totalitarismo dietro una vetrina democratica – ricorda Mamani.
Noi siamo stati massacrati, torturati, imprigionati. Pensavano di indebolirci, di dividerci; in realtà, è successo tutto il contrario.» Senza impatto sul mercato mondiale della cocaina, la strategia di lotta contro il narcotraffico raccomandata dalle organizzazioni internazionali accelererà in effetti la costruzione della più potente organizzazione sindacale del paese – le sei federazioni cocaleras del Tropico di Cochabamba. Nel 2005, il movimento porta Morales, suo dirigente, alla presidenza. Eletto con il 53,7% dei voti, diventa il primo presidente cocalero della Bolivia e del mondo. È lui che ha il duro compito di convincere le Nazioni unite di rivedere lo statuto della foglia verde delle Ande.
Il progetto «Cocaina Oms-Unicri» rimane vivo nelle memorie. Le grida d’allarme ripetute dell’ambasciatore degli Stati uniti a La Paz, Philip Goldberg, lasciano presagire la maniera in cui la nuova politica boliviana in materia di coca sarà accolta da Washington (leggere il riquadro in basso). Per Jorge Alvarado, responsabile della missione diplomatica boliviana in Venezuela, la spiegazione è semplice: «Mantenere delle esigenze in termini di riduzione delle colture e pretendere che il nostro governo aiuti la produzione di stupefacenti, permette al governo degli Stati uniti di continuare a intervenire nei nostri affari interni».
Basta per perpetuare – con l’appoggio implicito dell’Oms e della «comunità internazionale» – un errore che ha portato pregiudizio per mezzo secolo ai diritti dei popoli originari dell’Abya Yala (20)?

 

 

note:
* Giornalista, Caracas.

(1) Organismo pseudo-giudiziario incaricato di sorvegliare l’applicazione dei trattati internazionali relativi al controllo delle droghe. Le funzioni dell’Oics sono enunciati nei trattati seguenti: convenzione unica sugli stupefacenti del 1961; convenzione del 1971 sulle sostanze psicotrope; convenzione delle Nazioni unite contro il traffico di stupefacenti e di sostanze psicotrope del 1988.

(2) Rapporto consultabile on line: www.incb.org/ incb/fr/annual-report-2007.html
(3) La coltura della coca si concentra essenzialmente in tre paesi andini: la Colombia, che totalizza 50% della superficie coltivata con 78.000 ettari; il Perù, 33%; la Bolivia, 17% (Oics, 2007).

(4) Fino alla prima legge americana sulle droghe e gli alimenti (Pure Food and Drug Act) del1906, la Coca cola includeva delle piccole quantità di cocaina nella sua bibita. In seguito, la cocaina è stata rimpiazzata dalla caffeina, ma tutti gli altri alcaloidi della coca sono stati conservati.

(5) Anche altri, in particolare Sigmund Freud, l’utilizzarono per le sue virtù afrodisiache.

(6) La cocaina come altri stimolanti ha degli effetti innanzitutto fisici: www.caat.online.fr/ toxicomanie/toxicointro.html.

(7) Drogas y conflicto, n° 13, Transnational Institute, Amsterdam, maggio 2006.

(8) Vedere, in più degli studi citati: T. Plowman e A. Weil, «Coca pests and pesticides», Ethnopharmacol, ottobre 1979; Coca Médica, año 1, n° 1, Lima,settembre 2006.

(9) J. A. Duke, D. Aulik e T. Plowman, «Nutritional value of coca», Botanical Museum Leaflets, Harvard University Press, vol. 24, 1975.

(10) Ciro Hurtado Fuentes, Harina de coca: solución prodigiosa del hambre.malnutrición en el Perù y países andinos, Incaa, Lima, 2005.

(11) L’Orstom è diventato l’Istituto di ricerca per lo sviluppo (Ird) nel 1984.

(12) E. Caceres, R. Favier e L. Guillon (sotto la dir. di) «Coca chewing for exercise: Hormonal and metabolic responses of non habitual chewers», Journal of Applied Physiology, vol. 81, n° 5, p. 1901-1907, novembre 1996.

(13) Una parte del rapporto può essere consultata, www.unodc.org/unodc/en/bulletin/ bulletin_1950-01-01_4_page005.html
(14) Oms, Technical Report Series 57, marzo 1952, sezione 6.2, p.
10.

(15) Oms, Technical Report Series 76, marzo 1954, sezione 6, p. 10.

(16) Secondo il rapporto dell’Oics del 1° marzo 2006, circa 13 milioni di persone consumano cocaina nel mondo; occupa il secondo posto delle droghe in America del Nord (2.3 milioni di consumatori).

(17) Transnacional Institute, ibid.

(18) «Forty-eight World Health Assembly, summary records and reports of committees», Ginevra, 1-12 maggio 1995, p. 229.

(19) Conaltid, «Estrategia de lucha contra el narcotráfico y revalorización de la hoja de Coca, 2007-2010», La Paz , dicembre 2006.

(20)

Nome dato dalle etnie kunas di Panama e Colombia al continente americano prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Significa letteralmente «terra viva» o «terra fiorente».
(Traduzione di A. D’A.)